Chi precede e chi segue
“Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù.”
Quanti spunti relativi alla nostra quotidianità offre l’incipit del Vangelo di oggi. Due sole righe, ma che racchiudono un florilegio di sentimenti e di comportamenti nei quali, direttamente o indirettamente, ci sentiamo immersi da protagonisti o da spettatori più o meno interessati.
Cedere la strada, quella stessa strada che tu stesso hai provveduto a tracciare, a chi riconosci essere migliore di te. Probabilmente si verifica più frequentemente il restare arroccati con le unghie e con i denti alla propria posizione fino a quando sopraggiungono eventi che impongono il tuo ridimensionamento. E in questo caso si vive il tutto con l’amaro in bocca, per usare un eufemismo.
Seminare il terreno per chi verrà dopo di te. L’esatto contrario di quanto sopra descritto, ovvero costruire un percorso che non venga contrassegnato da un inizio e da una fine certi, ma solo da un durante, che tramite te porti frutto e agevoli chi ti succederà. Poi quest’ultimo potrà stravolgere nella sua massima libertà ciò che a te sarà sembrato sin dal primo momento bello e immutabile.
Ma nulla è nostro e in assoluto nulla deve appartenerci, se non la coscienza di aver agito all’insegna del bene, soprattutto nei riguardi del prossimo.
Il giusto modello da seguire. Guardarsi intorno fa comprendere facilmente come il mondo nella nostra epoca sconti la mancanza di punti di riferimento autentici. Il discorso vale non solo per i giovani, ma anche per gli adulti, che dei primi, sia o non in qualità di genitori, spesso si rivelano testimoni e propugnatori di comportamenti a dir poco censurabili.
Basta il primo che si incontra, che affabula con il suo eloquio coinvolgente e con le promesse più facili da tradurre in realtà, per mollare dall’oggi al domani chi invece ha sempre proposto con onestà la ricetta del sacrificio e del duro lavoro per tentare di raggiungere, forse, l’obiettivo. Ma con la serenità e la soddisfazione di aver dato il meglio, per sé e per gli altri.
In modo assolutamente laico, senza alcun riferimento a dimensioni spirituali o prospettive religiose, si conferma come il Vangelo sia un trattato di antropologia autentica, ovvero un manuale da seguire per vivere in pienezza da esseri umani, diventare persone realizzate, capaci di dare senso e sapore alla nostra esistenza.