Crederci è una virtù. Riuscirci è un successo
Non accadrà a tutti. Premessa doverosa, perché la vita, nella sua “coerente incoerenza”, si diverte a puntare il dito (molto spesso) e a rendere diritte le linee storte (meno spesso). Come per i social, anche la nostra esistenza sembra a volte misurare il proprio incedere al ritmo di strani algoritmi che la rendono avvicente, misteriosa, persino ingiusta. Ma tant’è.
Quando però ci restituisce quel senso di speranza perduta, foss’anche per una serie di inaspettate, improbabili e non ulteriormente ripetibili coincidenze, ecco allora che il solo pensiero di poter essere (stato) parte o protagonista di una metamorfosi è già se stesso motivo e fonte di una rinascita.
Se provassimo a chiederlo a F, risponderebbe di aver trovato tutti i tasselli giusti al posto giusto e al momento giusto. Tasselli che hanno tutti un nome e un cognome. Persone che lo hanno accompagnato in questo lungo, difficile, tormentato percorso, alla fine rivelatosi di successo. Ma senza la sua volontà e la sua pervicacia nel raggiungere l’obiettivo, vana sarebbe stata questa serie di “congiunzioni astrali” favorevoli.
Fresco di laurea in giurisprudenza conseguita con 110, il neo praticante avvocato ha sperimentato sulla propria pelle prima la dura permanenza in un riformatorio e poi il passaggio in una comunità. Due tappe decisive per il suo cambio di passo nella società, dalla cui retta via si era allontanato inseguendo sogni effimeri e frequentando ambienti sbagliati. Società che ora gli ha restituito con gli interessi quella dignità di persona che aveva irrimediabilmente perso.
Sembra quasi una legge del contrappasso al contrario, visto che come aspirante penalista un domani magari si troverà a perorare la causa di qualche giovane alla deriva, nel quale rivedrà e rivivrà i fantasmi, ormai svaniti, della sua adolescenza.
Non tutti avranno una storia a lieto fine come F, inutile nasconderlo o illudersi. Ma da questa vicenda scaturiscono alcuni messaggi molto chiari, che devono far riflettere e meditare.
Il presente e il futuro di ognuno di noi non hanno concretezza senza guardarsi indietro e fare memoria di ciò che siamo stati. Mettere una pietra sul passato, anche il più burrascoso, come se fosse la panacea di tutti i mali, rappresenterebbe una soluzione poco lungimirante per chi intenda dare alla propria vita una svolta radicale.
Di quante brave persone siamo circondati e neanche lo sappiamo. Spesso non ce ne accorgiamo perché siamo obnubilati dal nostro miope individualismo, che ci induce a voler sempre far tutto da soli. Anche a schiantarsi, purtroppo… Riscopriamo la bellezza di una mano tesa che chiede aiuto: fa stare bene sia chi lo dà che chi lo riceve.
Abbiamo un obbligo morale di “restituire” (i cristiani la chiamano redditio) quanto di buono abbiamo ottenuto, che è sicuramente più di quanto abbiamo meritato. In primis ai giovani, non di rado apostrofati o etichettati in maniera superficiale e approssimativa, ma verso i quali dobbiamo impegnarci a trasferire soprattutto modelli idonei cui ispirarsi. E tutto ciò a maggior ragione dopo più di due anni di socialità tarpata, che ha minato persino la loro stessa voglia di vivere.
Nessun sogno va calpestato, anche quello all’apparenza più irraggiungibile. C’è una luce speciale negli occhi di chi, pur di fronte ad una consapevole razionalità, si alimenta di una prospettiva ambiziosa piuttosto che di una routine alienante. Si è positivi (ripristiamo il significato di questo aggettivo in modalità ante Covid-19!) in partenza. E fa bene al cuore. Fa bene a tutti.
E crederci sempre. Perché chi smette di crederci è già sconfitto.
“Sii sempre come il mare che, infrangendosi contro gli scogli, trova sempre la forza per riprovarci” (Jim Morrison).