Le vie del Signore (e non solo) sono infinite
Di padre in figlio. Il naturale flusso generazionale della vita. Oppure il perpetuarsi di un’attività “chiavi in mano”, la cui gestione passa dalle mani del primo a quelle del secondo, investito del gravoso compito di consolidare nel tempo una tradizione di famiglia.
Niente di tutto questo. Perché Alfio, chiamato da tutti Alfredo, e Daniele sono sì padre e figlio, ma ben presto condivideranno un “mestiere” tutt’altro che scontato, frutto di una vocazione speciale: quella di essere sacerdoti.
Il momento della svolta è stato la morte di Rita, moglie di Alfredo e madre di Daniele e di altri tre figli, di cui due donne. Una perdita che, per quanto incommensurabile, si è tramutata in una prospettiva di rinascita sotto una veste, è proprio il caso di dirlo, diversa.
Di affari di chiesa Alfredo, impiegato comunale per quasi quaranta anni, masticava a sufficienza già da almeno venti, essendo diacono permanente. Un cammino che aveva sempre percorso con il pieno sostegno e la massima collaborazione da parte di sua moglie.
Una missione religiosa che sarebbe continuata come tale, se non fosse sopraggiunta in maniera improvvisa la dipartita della sua metà, che in punto di morte ha profetizzato al marito la chiamata al presbiterio. Forse gli occhi dell’amore sapevano leggere un desiderio inespresso e sommerso già presente nell’animo di Alfredo.
Da signor Caruso a don Alfredo il passo è stato quindi breve. E fra tre anni questo potrebbe caratterizzare anche il destino di Daniele, il figlio 35nne, che ha deciso di rinunciare a quanto aveva sin qui costruito nel mondo in generale, e in quello del lavoro come grafico pubblicitario, per entrare in seminario e seguire le orme del padre.
Quanto sia unica, piuttosto che rara, una circostanza del genere, non è dato saperlo e probabilmente non fa alcuna differenza in questo contesto. Ciò che invece vale la pena sottolineare è come la scomparsa di una persona possa fungere allo stesso tempo da fine e da principio.
Tutto sta con quali occhi vedere. Con quelli “pragmatici” essa rappresenta soltanto il definitivo venir meno di una certezza tangibile: quella di aver detto addio ad un mondo portandosi dietro un’esistenza spesso fine a se stessa. Con occhi “diversi” essa può invece essere intesa come la trasmissione di un bagaglio di valori che vanno ad albergare nel cuore di un altro.
Che la vita sia il più grande inesplorato e inesplorabile mistero questa storia ne dà piena testimonianza. Si aprono e si chiudono continuamente tante “sliding doors”, a volte attraverso episodi singolari, per i quali risulta difficile fornire una chiave di lettura limitandosi ad un’analisi meramente razionale.
Assecondare quell’attimo senza pensarci su non significa affidarsi al caso, ma interpretare quei segnali che, se sapientemente decodificati, fanno superare frontiere giammai oltrepassate.
Senza necessariamente farsi prete.
“L’importante, nella vocazione, è saper ascoltare la voce che si ha dentro, non il chiacchiericcio fuori” (Francesco Bonami).