Un ago che “punge” anche la dignità e la privacy
Riceviamo e pubblichiamo
“Cosa resterà di questi anni ’80”, cantava Raf. Ora mi viene da parafrasare: “Cosa resterà di questo Covid-19”?
Tante abitudini sono talmente entrate a far parte della nostra quotidianità, che anche quando questa pandemia sarà definitivamente archiviata continueranno a farci compagnia una boccetta di igienizzante in borsa, forse anche la mascherina in metropolitana all’ora di punta (buona per tener lontana l’influenza stagionale), credo anche la funzionalità di GSuite per la scuola.
Insomma alcune cose buone non ci lasceranno, le porteremo con noi e va bene così, ma mi auguro davvero che altre scompariranno presto.
Giusto ieri sono stata a fare il vaccino in un grande hub di Roma, veloce, efficiente, ben organizzato. Ma c’è qualcosa che mi ha decisamente intristito, quasi umiliata direi, e vorrei archiviarlo nella pagina del “Mai più!”: ricordare sì per tenere a mente fin dove siamo arrivati per sconfiggere questo virus, sperando che non si debba mai più abdicare a qualcosa di profondamente umano, come la propria dignità.
In un immenso stanzone tante file ordinate di colorate sedie in plastica, opportunamente distanziate di un paio di metri l’una dall’altra, posizionate su un adesivo a tema: il fiore rosa, simbolo della campagna vaccinale. Carino.
Centinaia di persone che composte seguivano le indicazioni di tantissimo e gentilissimo personale all’uopo preposto, che scorrevano man mano che le sedie davanti si liberavano. Un modo perfetto per far stare in fila senza assembramenti e senza stanchezza.
Se non che analogo analogo andamento si registrava anche nella seconda parte della stanza: senza tende, senza separè, rinunciando alla privacy a cui siamo abituati per qualsiasi trattamento sanitario, stando sulla propria seggiola ciascuno ha predisposto il braccio scelto per ricevere il prezioso liquido e scorrendo con un carrellino accanto ad ogni fila i medici in serie zac, zac, zac inoculavano a tutti il vaccino.
Poco male se fossimo in estate, tutti in maniche corte, senza grandi manovre. Ma il problema è che a parte borse e giacconi, che ciascuno doveva tenere in braccio, molte persone si sono dovute denudare lì davanti a tutti: anziani signori in canottiera, signore col busto, ragazze con “sotto-la-felpa-niente” o quasi. E nessuno che avesse preventivamente avvisato che il sistema lì applicato fosse quello.
Di certo l’emergenza sanitaria senza precedenti richiede misure massicce per far grandi numeri di vaccinati piuttosto che di morti. Ma questa esperienza mi ha lasciato addosso un che di animalesco, quasi polli di batteria o pecore in serie, stipate per essere marchiate.
Che passi presto questa pandemia!