Un figlio… in più
Il cuore che tradisce. Il cuore che vince. Nel nome di un amore più forte della morte.
In quella casa la felicità abitava senza riserve. Al pari delle tre persone che contribuivano ad alimentarla.
Tra Edmondo e Lorenzo, compagni di scuola di vecchia data, era maturato un rapporto per il quale l’amicizia rappresentava un confine, mentre si sentivano ormai pronti a superare gli orizzonti.
Ricordavano entrambi nei minimi particolari il giorno in cui gli scatoloni di Edmondo avevano varcato la soglia dell’appartamento di Lorenzo. Scatoloni pieni di speranza nonostante “il mondo intorno”, sempre pronto a puntare il dito e a giudicare “il diverso”, ma incapace di saper leggere dentro la loro storia.
Felice si mostrava anche Irma, la madre di Lorenzo, il cui unico scopo era quello di vedere suo figlio soddisfatto del cammino che stava percorrendo.
Per lei quei “due ragazzi”, come piaceva definirli, anche se avevano superati gli anta ormai da un bel po’, erano uguali. E li trattava come se fossero suoi figli da sempre.
La vita non era certamente stata clemente con lei, a partire da quando per tragiche circostanze perse Gianvito, il primogenito. Una donna fiaccata dalla vita, ma tutt’altro che arrendevole, le cui 85 primavere spesso si rivelavano più un dettaglio anagrafico che una effettiva constatazione fisica.
Purtroppo non immaginava che di lì a poco la vita l’avrebbe sottoposta a un’ennesima prova, accomunando i due figli allo stesso prematuro destino.
Alle 16 di quel pomeriggio d’estate lo squillo del telefono è più insistente del solito. Irma è tentata dal non alzare la cornetta, ma prevale la curiosità. Dopo dieci secondi di silenzio pronuncia una sola parola: Lorenzo!
Accorre Edmondo, che riesce appena in tempo ad evitare che la povera donna cada a terra priva di sensi. Dall’altra parte del filo un uomo cerca di mantenere la freddezza di prammatica in circostanze del genere. Niente da fare. Le lacrime pongono sullo stesso piano chi comunica la notizia e chi la riceve.
Un infarto in azienda. Lorenzo non c’è più. Ed ecco che in quella casa la felicità si trasforma improvvisamente in un lontano ricordo.
Ai funerali tutti attendono il saluto finale di Edmondo al suo Lorenzo. Ma il pensiero prevalente è uno solo: adesso che ne sarà di Irma, da tempo senza marito, fratelli e sorelle e ora privata anche del suo unico figlio?
Quel figlio però non era unico. Da molti anni c’era un “altro” figlio in quella casa: Edmondo, il compagno di Lorenzo. Poche parole dall’ambone, ma di una dolcezza e di una efficacia sconfinate. Salvifiche. Autentiche. Anche provocatorie. Lui, che avrebbe avuto la possibilità di rifarsi una vita, se solo avesse voluto, ricominciando altrove.
“Non lascerò da sola mamma Irma. Ho il mio lavoro, le mie passioni, che fino a pochi giorni fa condividevo con Lorenzo, ma l’amore per una vita che si spezza resta tale quando è la propria vita che continua ad essere donata agli altri. Voi al posto mio cosa fareste? Voglio augurarmi la stessa cosa, se non di meglio”.
Nella chiesa ove Lorenzo è stato accompagnato nel suo ultimo viaggio terreno quasi sembra ancora rimbombare l’eco di quell’applauso scrosciante.
Sarebbe stato un voler pretendere troppo se qualcuno di quel “mondo intorno” avesse chiesto di parlare a sua volta per chiedere pubblicamente scusa a Lorenzo, ormai Lassù, allo stesso Edmondo e alla povera Irma per le tante etichette attribuite loro?
“L’amore non guarda con gli occhi ma con l’anima” (William Shakespeare).