Vacanze illimitate: un bel sogno o una insidiosa realtà?
Nel pensare al carattere ultrainnovativo che questo potenziale cambio di passo potrebbe costituire per alcune imprese soprattutto di impronta tecnologica, la rivoluzione copernicana dello smart working già rischia seriamente di impallidire. O di ridursi, si fa per dire, a strumento facilitatore e trainante. Che non è poco, anzi.
Ferie e permessi illimitati. Apparentemente un’utopia. Forse un traguardo raggiungibile. Per qualche azienda già una realtà. In altre parole, il ribaltamento di una situazione per la quale solo pochi anni prima della pandemia e dell’introduzione del lavoro per obiettivi sembrava impossibile la sola semplice idea.
E già, perché chi restava più a lungo in ufficio oppure limitava allo stretto necessario la fruizione del periodo spettante di ferie, anche al di sotto delle minime previsioni legali e contrattuali, era colui che più degli altri incarnava l’attaccamento al lavoro e “sposava” in pieno la filosofia aziendale. Con il proprio bravo tornaconto economico e di carriera, ci mancherebbe! Sempre se rientravi nelle grazie del capo…
Oggi questa tutt’altro che leggenda metropolitana d’antan fa decisamente sorridere. Sono infatti mutati tutti i presupposti e le cosiddette “regole di ingaggio”, con l’avvento della digitalizzazione che probabilmente ha finito per rendere più omogeneo ed immediato l’approccio nell’esecuzione delle attività sia da parte delle imprese che del lavoratore.
Di acqua, insomma, sotto i ponti del mondo del lavoro, ne è passata davvero tanta in questi ultimi tempi, se si arriva addirittura a parlare di ferie e permessi no limits. Si tratterebbe di un salto in avanti – in meglio o in peggio sarebbe però tutto da dimostrare – anche del modello virtuoso di conciliazione vita-lavoro al quale le aziende si sono recentemente ispirate.
E qui subentra il mantra, buono per tutte le stagioni, ma inevitabile anche in questo caso: quello che senza un salto culturale delle organizzazioni aziendali, del modo di concepire la leadership da parte dei manager e quindi di riflesso dell’intera azienda, questa soluzione estrema, ma possibile, diventa di fatto impraticabile.
Tutto ciò, soprattutto se il fine ultimo è quello di consentire una sorta di mirato contemperamento degli interessi del lavoratore, rispetto ad una più favorevole e personale gestione del tempo, e di quelli dell’azienda per il miglioramento del livello di produttività e di efficienza del proprio staff.
Ma non possono essere affatto trascurati altri due tasselli: l’intercambiabilità dei lavoratori – per evitare che in presenza di professionalità non replicabili il rientro dalle ferie illimitate possa gravare sul singolo in conseguenza della maggiore mole di lavoro e di obiettivi da raggiungere in un lasso di tempo ridotto – e l’acquisizione della loro capacità di sapersi maggiormente “autoresponsabilizzare”, una delle caratteristiche che suggella, ad esempio, uno smart working di successo.
Già, il tempo. Inteso come orario di lavoro, con il luogo è la vera chiave di volta di tutta l’impalcatura. Due autentici moloch, che già hanno timidamente subito qualche inevitabile “scalfittura” rispetto alla classica accezione alla quale siamo stati storicamente abituati, ma che meriterebbero una rivisitazione ben più profonda. Anche se poi, a furia di smaterializzare il posto di lavoro, il rischio di finire per lavorare di più, e male, non è poi così tanto campato in aria.
“Consentire il reintegro delle energie psicofisiche spese dal lavoratore nel corso dell’attività lavorativa”. È il nobile fine che sottende al diritto irrinunciabile del lavoratore di beneficiare di un periodo di riposo, settimanale e annuale, che attiene anche e soprattutto alla tutela della salute del lavoratore stesso.
Ma sopravvivrà ancora a lungo questa motivazione in relazione ad uno scenario che diventa sempre più fluttuante, fino addirittura a considerare illimitati ferie e permessi, pur con tutti i contrappesi e gli adeguamenti organizzativi del caso?
E se alla fine accadesse che il lavoro finirà per diventare, in termini ironici e paradossali, il meritato riposo dopo lo stress delle ferie? Soprattutto se illimitate?